Nell’era della fotografia digitale, rapida, istantanea, l’artista Marco Grassi Pho propone una personale riflessione sul tempo lento della fotografia. Fotografia senza macchina fotografica. Fotografia a contatto. Un omaggio alla sperimentazione di Man Ray e ad una tecnica analogica di sviluppo dell’immagine ormai perduta nella notte dei tempi.
I graffiti, il lavoro sul segno e sul gesto, l'attrazione per le texture delle cose e della natura, lo sforzo di cercare senso oltre l'atto pittorico dipingendo con la luce, che è la materia stessa della pittura, per raccontare i muri di una città metropolitana. Si chiama FLASHBACK, L’immagine fantasma, il progetto che Marco Grassi Pho, uno dei principali protagonisti della scena italiana della Street Art a fine anni Ottanta, presenta fino al 4 luglio nelle vetrine dello SpazioC21 a Palazzo Brami, (via Emilia San Pietro 21), a Reggio Emilia nell’ambito della sezione OFF di Fotografia Europea.
Nato nel 2016, SpazioC21, è una vetrina dedicata al lavoro di artisti nazionali e internazionali formatisi nell'ambito del writing, dell'arte urbana e del nuovo muralismo.
Nell’era della fotografia digitale, rapida, istantanea, Marco Grassi Pho propone una personale riflessione sul tempo lento della fotografia. Fotografia senza macchina fotografica. Fotografia a contatto. Un omaggio alla sperimentazione di Man Ray e ad una tecnica analogica di sviluppo dell’immagine ormai perduta nella notte dei tempi.
Il gruppo di opere esposte allo SpazioC21 – composto da tre rayografie di grande formato ed una di formato medio – è una lettura poetica, non didascalica, dei muri di una città metropolitana. Le rayografie sono una sintesi di reale e surreale; messaggi stratificati che i muri potrebbero avere trasmesso e che il tempo non ha preservato.
Marco Grassi Pho raccoglie informazioni da elementi materici come i poster pubblicitari affissi nella città; li strappa, li scioglie nell’acqua, li scompone e ne trasforma la materia in lembi; li riassembla, li incolla, li colora, li graffia e crea una immagine nuova, quasi astratta… che porta in camera oscura e stampa restituendoci un nuovo codice estetico.
Il muro immaginario che ne risulta e che tramanda la memoria della città non è un fotomontaggio o un file digitale. È il risultato di un complesso processo analogico, che muove dalla costruzione del fotogramma e che diventa immagine stampata, su carta fotosensibile, a contatto con la luce.
Le rayografie in mostra allo SpazioC21 sono impressioni analogiche in grande e medio formato, in esemplare unico. (Orari tutti i giorni dal lunedì al sabato dalle ore 9 alle 19. Chiuso i festivi).
Flasback. L’immagine fantasma è anche un libro d’artista, in edizione limitata di 100 esemplari, che verrà presentato allo SpazioC21 all’inaugurazione della rassegna il 21 Maggio.
Il testo critico che accompagna l’installazione (allegato) è scritto da Simone Pallotta, le fotografie sono state realizzate da Fabrizio Cicconi e il documentario è diretto da Paolo Freschi.
Lo spazio espositivo nato nel 2016 è solo outdoor – nelle vetrine e nel cortile – ed è curato da creativi e collezionisti. La mostra è visitabile a ingresso libero in totale sicurezza. Per approfondimento su SpazioC21: www.spazioC21.com Facebook e Instagram spazioc21
Biografia
Marco Grassi Pho nasce a Milano nel 1976. Alla fine degli anni 80 scopre l’Arte del Writing sui muri di Parigi, città natale della madre. Ne rimane influenzato, si unisce alla crew milanese dei 16K e si afferma come uno dei principali protagonisti della scena italiana. Terminato il Liceo Artistico, frequenta il corso di pittura di Luciano Fabro all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si diploma nel 2001. Avvia, in quegli anni, un percorso pittorico in studio; lavora su materiali recuperati, li riassembla e fonde l’estetica della pittura informale con elementi stilistici del writing. Il suo segno è caratterizzato da una forte gestualità e si impone sulle superfici con la stessa energia e prepotenza delle tag sui muri di Milano. La prima mostra personale è del 2005; seguono le partecipazioni milanesi a Street Art Sweet Art, al PAC, e a Junkbuilding, alla Triennale. Espone a Londra, Parigi, Vienna e Berlino. Nel 2013 forma il collettivo Le Grand Verre ed esplora le tecniche della fotografia analogica. Parte della sua produzione più recente è outdoor e si concentra sul paesaggio e gli elementi naturalistici che lo compongono.
SPAZIOC21 è uno spazio espositivo privato solo outdoor – nelle vetrine e nel cortile – ed è curato da creativi e collezionisti. Il calendario degli eventi comprende sia esposizioni di opere provenienti da collezioni private che progetti tematici e site specific. Orari tutti i giorni dal lunedì al sabato dalle ore 9 alle 19.
FLASHBACK. L’immagine fantasma
di Simone Pallotta
Il processo tecnico che conduce alle opere che state guardando è elemento fondamentale del fascino che esprimono. Ogni singolo tratto, sfumatura o forma sono il frutto di un lavoro che nasce dalla curiosità per i materiali e dalla ricerca di una loro essenza nascosta, un universo di segni e particolari concreti che sembrano sbalzare dalla superficie della carta. Cresciuto nella pittura astratta Marco Grassi trova in una tecnica fotografica un nuovo territorio sperimentale che gli permette di raggiungere un'astrazione viva, superfici che vibrano e ci restituiscono informazioni, echi di materia. Il bromografo è uno strumento per la stampa "a contatto", a prima vista una cassa di legno con il lato superiore chiuso da un vetro. Sul fondo di questa "scatola" sono alloggiate delle lampadine. Sul piano di vetro vengono disposti stralci di vecchi manifesti e fotografie di texture murarie e sopra di essi la carta fotografica emulsionata, pronta ad assorbire la luce. Una volta chiuso il coperchio la pressione fa aderire la carta alla composizione dell'artista e questi al vetro; quindi si procede a impressionare la carta fotografica accendendo le luci interne. L'artista, oltre alla composizione, lavora poi su tutte quelle variabili che può solo tentare di controllare, mai fino in fondo: la tipologia di carta, i tempi di fissaggio dell'emulsione, la quantità e i tempi di esposizione della luce e dell'asciugatura finale. I materiali, gli oggetti o gli elementi di cui parliamo sono cose a cui non prestiamo attenzione: piccoli pezzi di carte di grane diverse, accartocciati e poi riaperti, stralci di manifesti, foto di muri stampati in negativo, porzioni di superfici che provengono dal mondo visibile composti con cura fino a manifestarsi con una diversa identità, trasformandosi in textures astratte che si fanno strada su superfici che invece riconosciamo. Il risultato non è una fotografia, seppur creata grazie dalla luce, ma un'impressione, un'immagine che ci proietta in un mondo sconosciuto a metà, dove questi elementi "urbani" e sovrapposti entrano in un dialogo astratto che stupisce chi li guarda perché viene attratto da qualcosa che sembra riconoscere, familiare seppure mai aderente in senso stretto alla realtà conosciuta. Ai primordi della fotografia il bromografo serviva per riprodurre i negativi sulla carta, Marco Grassi lo trasforma in una modalità narrativa dove gli elementi selezionati perdono il loro aspetto originario e vengono ricomposti miscelandosi tra loro a comporre nuove superfici. Sentiamo la "presenza" dei materiali ma quello che vediamo è il risultato di scelte compositive che tengono in considerazione non solo la tipologia e la posizione degli oggetti ma soprattutto il modo nel quale filtrano la luce. Il risultato è una complessa stratigrafia di segni, sedimentazione di fantasmi organici e inorganici, dinamico equilibrio di casualità e tentativi, un bianco e nero molto contrastato dove superfici e segni sembrano mimare la grana di un vecchio muro con graffi e macchie, un intonaco scrostato, anni di polvere accumulati; In questi lavori dall'estetica umile, dove affiorano gli echi delle ricerche di Kline, Vedova e dei muri fotografati da Brassaï, è visibile tutta la ricerca dell'artista. Si sentono i graffiti, il lavoro sul segno e sul gesto, l'attrazione per le texture delle cose e della natura, lo sforzo di cercare senso oltre l'atto pittorico dipingendo con la luce, che è la materia stessa della pittura. Grazie alla luce i materiali assumono una natura «altra», solo in parte governabile dall’uomo e per questo, appunto, misteriosa. riescono a farci percepire la sensazione della loro presenza e ci aiutano a comprendere l'essenza della pittura astratta: guardare qualcosa che non esisteva prima, qualcosa che vive solo nell'opera d'arte.
BIOGRAFIA DELL'ARTISTA
Marco Grassi Pho
Nasce a Milano nel 1976. Sin da ragazzo soggiorna di frequente a Parigi, città d’origine della madre. Alla fine degli anni 80 scopre per la prima volta sui muri della capitale francese l’Arte dei Graffiti. Pochi anni dopo influenzato da questo nuovo linguaggio incomincerà a dipingere per le strade di Milano diventando uno dei maggiori protagonisti della scena italiana. Nel 1996, dopo essersi diplomato al Liceo Artistico, inizia a seguire il corso di pittura di Luciano Fabro presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si diplomerà nel 2001. Negli stessi anni, inizia a lavorare in studio su materiali recuperati dalla strada: vecchi manifesti pubblicitari, lamiere arrugginite e bancali in legno, che una volta assemblati lo aiuteranno nel delicato passaggio dalla strada allo studio, a tenere vivo quel rapporto ancora essenziale con l’architettura urbana. In questa serie di opere fonde le esperienze della pittura informale dei primi anni 50, con alcuni elementi stilistici dei Graffiti. Il suo segno, caratterizzato da una forte gestualità, si impone sulle superfici con la stessa energia e prepotenza delle tag realizzate sui muri di Milano. Nel 2005, presenta la sua prima mostra personale: “La Strada come laboratorio e come modello espressivo” presso lo Spazio Guicciardini con il patrocinio della Provincia di Milano. Dal 2007 inizia un percorso espositivo che lo vede affermarsi a livello istituzionale. Le mostre “Street Art Sweet Art”, al PAC di Milano e “Junkbuilding”, alla Triennale di Milano, faranno entrare le sue opere nelle collezioni private di Banca Generali e dell’Istituto Mario Negri. Nel 2009 partecipa alla mostra collettiva “Expossible?” presso la Fondazione Corrente a Milano. Nel 2010 inizia ad esporre a Londra, Parigi e Vienna. Nel 2012 presenta: “Restituzioni”, mostra personale presso la galleria Circle Culture di Berlino. Nel 2013, insieme all’amico Matteo Bologna forma il collettivo Le Grand Verre. Inizia così una nuova esperienza multimediale che vede i due, attraverso un processo artigianale, rievocare le tecniche della fotografia analogica dei primi del 900. Nello stesso anno, in occasione della grande collettiva “POTSE68” presso la galleria Circle Culture a Berlino, Le Grand Verre si presenta per la prima volta al pubblico. Nel 2015, il regista Silvio Soldini realizza un cortometraggio su Le Grand Verre. Il documentario andrà a comporre il film “Milano 2015”. Il progetto patrocinato da Rai Cinema, Comune di Milano e Ministero dei Beni Culturali viene presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Nell’agosto dello stesso anno scompare l’amico Matteo Bologna. Gli rende omaggio con “Reminisce!”, mostra in collaborazione con Avantgarden Gallery a Milano. Nel 2016 presenta nel suo studio la grande video installazione: “Ice Lake”. Dal 2017 passa molto del suo tempo nella sua casa studio a Locquirec, piccolo villaggio sul mare della Bretagna del nord. Qui la sua ricerca si concentra sul paesaggio e gli elementi naturalistici che lo compongono. Nel 2018 inizia a dipingere su grandi rocce affiorate dal mare a marea bassa, con un’argilla color ocra recuperata sulla stessa spiaggia. Il tempo di una marea e l’acqua cancella qualsiasi traccia restituendo alla roccia la sua dimensione naturale. Nel 2019 presenta: “Terrain Vague”, mostra personale presso Avantgarden Gallery a Milano. Nel 2021 in occasione del Festival di Fotografia Europea a Reggio Emilia, presenta: “Flash Back – l’immagine fantasma” presso lo Spazio C21.